Come creare un marchio da zero in 1 solo step

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Oggi parleremo di come creare un brand da zero in un solo passaggio. Ti sorprenderà sapere che non è impossibile farlo e che potresti rimanere scioccato da quanto funzionale e fig0 possa essere… Sei pronto? Bene! 

Per creare un marchio da zero in 1 solo step avrai bisogno di un’agenzia di marketing! 

Stupefacente vero? 

Ora starai pensando si vabbé, questo si sapeva già oppure posso farlo anche senza spendere tanti soldi in un’agenzia o ancora alla fine io ho le idee chiare, devo solo crearlo e così via…

Se fosse davvero così facile, non avresti cercato su Google come creare un marchio da zero… Se fosse davvero così facile e se tu fossi in grado di fare un brand da zero da solo, allora un’agenzia di marketing non avrebbe senso di esistere. E sai anche che riuscire a fare tutto da solo è impossibile. 

Chiarito che creare un brand da zero da soli o seguendo una guida – a causa di tutti i singoli elementi che lo compongono – è impossibile, proviamo a cambiare prospettiva. 

Chiediti piuttosto quanto mi costa far realizzare il mio progetto a un esperto? E se il progetto sarà il tuo futuro, vale la pena investire nel mio futuro?

Per farti capire che ciò che scrivo non è fuffa, proviamo a vedere insieme alcuni degli step che compongono la creazione di un marchio da zero e cosa sai in merito…


CREARE UN MARCHIO DA ZERO IN 4 STEP

Prima di partire con la creazione del brand, è necessario riflettere sul chi siamo del marchio e su un’idea di sviluppo da qui a un anno.

Vediamo ora gli step effettivi che un’agenzia di marketing segue:

1 – NAMING

Cos’è il naming? 

È il nome del tuo brand, quello che permette di differenziarti da tutti altri brand esistenti, che ti caratterizza e che ti fa riconoscere e ricordare nel mare di marchi esistenti. 

Il naming, se corretto, aiuta anche a capire cosa fa la tua azienda, partendo dal presupposto che sia nuovo e quindi che non goda di una storicità. 

È importante il naming? È fondamentale! 

Chi si occupa in un’agenzia di pensare al naming? Il copywriter. 

Per dar vita a un naming bisogna tener presente alcune componenti necessarie: 

ricerca di mercato, facilità di memorizzazione, fonologia, pronuncia facile, semantica, lunghezza, valori del brand (a meno che non si scelga di spiegarli nella comunicazione), personalità, settore di riferimento.

Insomma il naming è forse uno degli step più importanti, che ti aiuterà nelle future strategie comunicative.

Ultimo passaggio, la registrazione del marchio. 

2 – BRAND IDENTITY

Chi si occupa in un’agenzia di creare la Brand Identity? Il graphic designer e il copywriter. 

La brand identity è appunto l’identità del marchio che si compone di diversi elementi. Se ti sei perso l’articolo su cos’è una brand identity, clicca qui.

Gli elementi che compongono la brand identity sono:

  • il payoff
  • il logo e la color palette
  • la vision, la mission, i valori
  • Usp o Esp?

Il Payoff

È un elemento verbale che accompagna il logo del marchio. Spesso, invece di payoff, si parla di tagline (sono sinonimi). Il payoff contribuisce in modo significativo a definire l’identità di un brand.

Chi scrive il payoff? Il copywriter.

Esempi di Payoff di successo: 

Nike – Just do it

Apple – Think Different

Adidas – Impossibile is Nothing

Il payoff non coincide quasi mai con la descrizione delle caratteristiche del prodotto ma con l’emozionalità intorno a esso. 

Il logo e i colori del brand

Bhè, qui non mi resta che dire qualcosa di personale… Per creare un logo, bisogna avere buon gusto! È alla base di ogni creatività. Sebbene il gusto sia soggettivo, è oggettivo che il gusto non si può acquisire, è qualcosa d’innato. 

Inoltre, è necessario diffidare da tutti quelli che propongono – seguendo il loro copione – il cambio logo di Valentino, Balenciaga e così via a un cliente, facendo passare questo messaggio come regola. Ogni logo è a se ed è rappresentativo di un’azienda proprio perché è unico e definisce la sua personalità!

I valori, la vision, la mission

Chi si occupa dei valori, della vision e della mission? Gli obiettivi appartengono all’azienda e vengono affidati al copywriter per la scrittura.

Sebbene siano 3 gli elementi, bisogna fare un po’ di chiarezza a proposito di vision e mission. 

Mentre la Vision è la visione del brand a 360 gradi, spiegata in modo astratto e sognante, la Mission del brand è in modo concreto e diretto cosa il brand si impegna a fare ogni giorno. 

C’è da dire però che questi due aspetti insieme anche ai valori del brand oggi sono raccontati in fase comunicativa nello storytelling. Qualche anno fa, mission e vision erano presenti anche nelle pagine “chi siamo” del sito web dell’azienda. Oggi non più, infatti, il chi siamo è diventato una sorta di resumé della storia, della vision e della mission. 

Questo non significa che non bisogna strutturarle. È necessario tenere sempre a mente gli obiettivi aziendali. Senza la programmazione e una stima del proprio lavoro, non c’è metodo di confronto.

Usp o Esp?

Cosa significano Usp (unique selling proposition) ed Esp (emotional selling proposition)? Un’attività dovrebbe riflettere sulla questione “perché le persone dovrebbero scegliere il mio brand e i miei prodotti?” 

Rispondere a questa domanda permettere di concretizzare i valori materiali per cui il tuo prodotto è il migliore, o meglio è l’unico a offrire quelle caratteristiche (Usp). 

C’è da dire però che, nel corso del tempo le cose sono cambiate parecchio: non è più l’unicità del tuo prodotto a fare la differenza, ma l’emozione intorno a esso. Il modo di raccontare il tuo prodotto, mostrando i benefici che ne apporta. 

Di conseguenza la domanda che dovresti porti è piuttosto “come dovrebbero sentirsi le persone usando il mio prodotto?”

Come si sentono le persone che hanno un Iphone nuovo? Al passo, più tecnologiche, più vicine a qualcun altro, incluse e anche al sicuro. Questo è quello che Apple cerca di comunicare attraverso i suoi spot. 

3 – ANALISI DEL TARGET 

Qui non vale la regola del “voglio vendere a tutti”. Anzi è proprio questo il fulcro dell’articolo. L’analisi del target, ovvero delle persone che acquistano il tuo brand, deve essere fatta di pari passo con la creazione del brand stesso. 

Non è un caso che, in fase avanzata del lavoro, ci si ritrova a scoprire un target d’interesse dovuto al nostro prodotto che non era stato preso in considerazione. 

Come si fa l’analisi? Esistono dei tool ai quali ci si può appoggiare. 

Chi se ne occupa? Il marketing strategist

4 – VISUAL STRATEGY

Hai presente tutto quello che ho detto prima? 

Molti partono direttamente da questo step e seguono il flow seguente: scattare foto -> fare grafiche carine -> scrivere qualcosa, anche copiato da qualcun altro va bene -> usare hashtag random senza sapere se funzionano o meno -> postare. Ah scusate, fare tanti reel! 

È sbagliato? Certo che lo è. Non si tratta di una critica, ma perché la tua attività funzioni, ha bisogno del cibo giusto e se non formi le ossa da bambino da grande avrai l’osteoporosi. 

CONCLUSIONI

Dar vita a un marchio oggi è molto semplice per alcuni aspetti, ma per altri non lo è. Una mossa sbagliata, una considerazione erronea e un font inadeguato possono far crollare tutto. Bisogna affidarsi alle persone giuste, agli esperti, a chi non abbozza o teorizza cose, a chi le dimostra con i fatti. E a chi soprattutto fa un lavoro di squadra. 

Pensi ancora di potercela fare da solo o grazie a tuo cugino?